mercoledì 26 gennaio 2011

Il gelato da gustare rispettando l’ambiente

“Grom Loves World”, vi sveliamo i particolari del progetto che vuole dimostrare l’impegno dell’azienda omonima in tema di responsabilità sociale e ambientale.

“Il mondo è uno solo, e ce lo stiamo mangiando da sotto i piedi giorno dopo giorno- si legge nell’abstract del progetto "Grom loves world"- Non è certo un gran merito, ma nel nostro piccolo abbiamo deciso di dimostrare quanto sia importante fare la nostra parte: perché è venuto il momento di smettere di parlarne ed è venuto il momento di fare.

Grom è una gelateria dall’impronta particolare, di proprietà di due giovani torinesi, che qualche anno fa hanno stabilito i cardini della loro azienda: utilizzare carta certificata (Fsc), ovvero che provenga da foreste gestite responsabilmente.
E non è tutto: Grom ha infatti deciso di sostituire la plastica (che deriva dal petrolio) con la bioplastica, che deriva invece dall’amido di mais: il MaterBi consente infatti di consente di diminuire le emissioni di gas ad effetto serra, ridurre il consumo di energia e di risorse non rinnovabili.   
 
In tutti i punti vendita della catena (22 sparsi nell’Italia settentrionale, senza dimenticare quelli di Parigi, New York e Tokyo) inoltre è stata adottata la raccolta differenziata di tutti i materiali utilizzati nel consumo di un gelato (coppette e carta da un lato, coni e cucchiaini dall’altro).
 
Infine, l’azienda agricola Mura Mura (10 ettari a Costignole d’Asti), uno dei fornitori di Grom, coltiva pere, fichi, albicocche, pesche, meloni e fragole rispettando la natura con metodo biologico e senza l’utilizzo di prodotti nocivi.  

Clean Tech 100, l’hi-tech green non parla italiano

Secondo la ricerca globale sulle imprese all’avanguardia nell’ambito della sostenibilità, condotta dal Guardian, nella top 100 non figura nessuna azienda italiana: il nostro paese è in forte ritardo in un settore dalle grandi potenzialità

La classifica stilata dal quotidiano britannico “The Guardian” e dalla società di consulenza CleanTech, segnala ogni anno le imprese di tutto il mondo che, nei prossimi anni, saranno protagoniste delle battaglie per l’ambiente con programmi innovativi, in grado anche di attirare investitori.
I criteri di selezione- Per finire nella lista d’oro della classifica le aziende devono essere specializzate nelle tecnologie per lo sviluppo dell’energia pulita, vantare un bilancio in profitto, essere indipendenti e non quotate; sono inoltre suddivise in tutti gli ambiti possibili di applicazione della sostenibilità: nuovi materiali, geotermia, solare, eolico, energia prodotta dal mare, biomasse, gestione dei rifiuti, domotica, stoccaggio e risparmio energetico.  
Il caso Italia- Ebbene, nessuna azienda italiana sembra aver soddisfatto i rigorosi parametri della ricerca: l’anno scorso a difendere l’orgoglio nazionale c’era Electro Power System, realtà torinese specializzata nella produzione di celle a combustione nei sistemi di idrogeno: nell’edizione di quest’anno, invece, di aziende italiane all’avanguardia nell’ambito della green economy, nemmeno l’ombra. Il paradosso vuole che il mercato italiano potenzialmente sia molto appetibile, (come peraltro già evidenziato da altre ricerche, ad esempio il rapporto dell’Ewea), non solo per le opportunità di crescita interne ma anche per quanto riguarda la distribuzione e la commercializzazione delle energie rinnovabili in tutto il bacino del Mediterraneo.
Le migliori aziende green a livello internazionale- Scopriamo insieme, infine, quali sono le aziende che si sono collocate al vertice della classifica del quotidiano inglese (da tempo attento alle tematiche ambientali, tanto da aver aperto una sezione sul proprio portale interamente dedicata alBusiness sostenibile): AquaSpy di Indianapolis (Usa), che ha inventato un sistema di controllo dell’irrigazione dei campi che consente una maggiore crescita delle culture risparmiando acqua; Exosect, (Inghilterra) specializzata nei pesticidi naturali; MiaSolè (Usa) che produce semiconduttori a film sottile fatti di rame, gallio e indio; Aquamarine Power (Scozia) che sfrutta le correnti sottomarine per generare elettricità; Solzyme (Usa) produttrice di biocarburanti a base di alghe e Chapdrive (Norvegia), attiva nella componentistica per l’eolico.
www.lifegate.it

giovedì 20 gennaio 2011

Modena: la provincia del romanico

In tutta Europa tra l anno mille e il XII secolo si sviluppano
particolari manifestazioni artistiche che convenzionalmente vengono
chiamate romaniche . La ripresa economica, il ripopolamento,
l intensificarsi degli scambi commerciali e dei viaggi producono un
notevole fermento innovativo che coinvolge anche il campo artistico.
Rispetto all arte romana, a cui viene fatto chiaro riferimento e che
si presentava pi  omogenea, il romanico sviluppa aspetti diversi a
seconda delle regioni geografiche, rispecchiando le mutevoli situazioni
economiche e la realt  culturale delle singole citt . Il richiamarsi
al mondo romano, fondamento di tutto l Occidente, ispira
contemporaneamente molti artisti europei; per questo motivo non
si pu  ipotizzare una successione temporale per le varie scuole, ma
una crescita parallela, che ha generato molti centri di produzione
artistica.
La storia di Modena affonda le proprie radici in epoche molto
antiche, ma la presenza costante dal III secolo del Vescovo, che
riunisce non solo il potere religioso, ma anche politico e civile,
giustifica il ruolo fondamentale della citt  nell eterno contrasto tra
i vescovi filo imperiali da un lato e gli abati di Nonantola e i Canossa
legati al Papa dall altro.
Nel 1099 vengono gettate le fondamenta del Duomo, intorno
all altare di San Geminiano. Nel 1106, a testimonianza del
superamento di ogni contrasto, durante la consacrazione dell altare
e la traslazione delle spoglie del patrono nella nuova Cattedrale,
si inginocchiano insieme: il papa Pasquale II, Matilde di Canossa
e il vescovo Dodone, rappresentanti delle varie classi politiche e
sociali, insieme a tutto il popolo.
Modena comincia il suo percorso di provincia romanica
foto:

Abbazia di nonantola, portale dei seguaci wiligelmo, stipite sx, 

File:Abbazia di nonantola, portale di seguaci wiligelmo, stipite sx, formella 04 anselmo, fatto monaco, fonda nonantola.JPG

domenica 16 gennaio 2011

Il norcino




Il consumo della carne di maiale è di antichissime origini.
Già i romani ne facevano uso e Plinio il Vecchio esaltava la qualità delle carni suine “dai cinquanta sapori diversi” con il particolare apprezzamento per il prosciutto, come testimonia il ritrovamento in pianura Padana di migliaia di carcasse ossee di maiali, mancanti appunto delle zampe posteriori.
Delle qualità della carne di maiale salata ne parla anche Catone il censore, che la descrive come parte integrante della dieta dei romani.
Durante il medioevo la carne di maiale conservata sottosale diventa alimento unico nei lunghi viaggi ed in battaglia,vero tesoro pecuniario per chi possiede spalle,prosciutti e pancette. Anche la pelle, la cotenna, viene usata per fare stivali e giacconi le setole per farne spazzole,confermando il famoso detto che “del maiale non si getta nulla”

La lavorazione delle carni di maiale avveniva con le famose "tre esse" :Sale, Sole, Spezie" e fino al IXX secolo era un'attività prevalentemente familiare che per la macellazione dei maiali si avvaleva dell'opera di professionisti, chiamati "mazèin" al nord e "norcini" al centro-sud i quali normalmente svolgevano la loro attività nei mesi di Dicembre e Gennaio.

In Emilia Romagna, questi uomini muniti del loro strumenti arrivavano nell'aia di mattino presto dove la "rezdòra" la massaia aveva già acceso il fuoco sotto un pentolone di acqua bollente che serviva a raschiare le setole del maiale ucciso con un apposito strumento denominato "rascin".
Veniva poi appeso per i tèndini delle zampe posteriori sulla trave del portone di casa ed aperto a metà mentre il sangue raccolto veniva fritto in padella per un immediato consumo con la gioia dei bambini che lo mangiavano sul pane. Nel frattempo tutte le parti del maiale venivano sezionate per finire in buona parte in pentoloni dai quali si ricavava la coppa di testa, lo strutto,i ciccioli, i cotechini. Le grasse mezzene fornivano il lardo di colonnata, mentre le parti più importanti del maiale quali il prosciutto, la coppa e la spalla venivano subito cosparsi di sale e spezie e sistemati in luogo asciutto e ventilato, mentre i salami preparati con la mistura delle carni più pregiate inserite nelle budella dell'animale venivano appesi a pertiche orizzontali nella camera da letto del capofamiglia.

La macellazione del maiale, come la battitura del raccolto di grano, costituiva un evento significativo al quale erano invitati parenti, amici e vicini di casa i quali a sera si riunivano attorno al fuoco del camino per consumare le ultime cose rimaste sui tavoli, residui di carni, lardi e pesino le ossa che venivano bollite per poi gustare con sale e pepe i frammenti di carne rimasti attaccati,ma anche per masticare quelle più tenere che assieme alle ad animelle, orecchie e zampetti alla brace, costituivano una vera lèccornia per buongustai.

Queste consuetudini su sono perse quasi del tutto a causa dell'avvento delle industrie di macellazione e la grande distribuzione.
Tuttavia esistono ancora piccole realtà artigianali situate perloppiù in zone montane dell'appennino modenese, dove la macellazione del maiale è ancora un rito il cui prodotto viene riservato a pochi esercizi commerciali come La Vigne della Duchessa.

Cicalino

domenica 9 gennaio 2011

presentazione I Quaderni dell'arte " Viaggio nei sapori del tempo "

Viaggio nei sapori del tempo
Percorsi d'arte eno-gastronomici del ns. territorio .
Un viaggio nei "sapori " del tempo e nel gusto della vita.
In questo ns. progetto, scopriremo tappa per tappa con l'aiuto di autorevoli esperti , a farci gustare , le meraviglie . le curiosità , la simbologia e le innumerevoli attenzioni che il ns. territorio ci lega di volta in volta tra l'arte e il mondo del cibo e dei sapori
Via Cà Vecchia 84 Soliera - Modena -
Presenta :

Cibo fonte di sussistenza , ma anche di ostentazione , cibo nel segno di appartenenza sociale, ma anche di allegorica interpretazione dei gesti quotidiani, cibo simbolo del sacro e cibo puro godimento del profano
È con grande piacere che potremo promuovere ai ns. clienti le magie del ns. territorio a seguirci in questo nuovo percorso nel quale sulle tracce dei grandi artisti di ogni epoca, viaggeremo insieme alla scoperte dei "sapori del tempo , delle passioni della vita.
Potremo far scoprire ai ns. clienti veri e propri percorsi d'arte legati alle magie dei prodotti del ns. territorio. Proponendo le visite e le degustazioni in un vero e proprio teatro dell'eccellenza .


Prefazione

Il cibo è vita, il cibo è redenzione . Il cibo è sacrificio .
Il cibo è segno di ricchezza e benessere . Il cibo è un medium attraverso il quale passano messaggi e simboli.
Se il cibo è tutto questo , non può stupire il fatto che la civiltà figurativa occidentale abbia dato così largo spazio alla rappresentazione del cibo.
A cominciare dal peccato originale - che com è noto , ha come protagonista un frutto - , per proseguire con i numerosi banchetti narrati nel Vecchio Testamento ( Baldassarre , Assalonne, Ester, Assuero ecc ecc ) e nel Nuovo ( cena a casa di Levi le nozze di Cana , l'ultima Cena , la Cena di Emmaus).
Le storie sacre ( ma anche quelle profane , pensiamo ai banchetti per gli dei) hanno offerto ai pittori l'occasione di descrivere nei più minuti dettagli pani , bevande, pesci, cacciagione, uova, frutta latte e formaggio e dolci.
E i cibi, a un certo punto, hanno assunto anche il ruolo di protagonisti dei quadri : nelle nature morte sono diventati simboli di prosperità ( ma anche di richiamo alla precarietà delle cose terrene ) hanno incarnato i quattro elementi ( carne = terra, pesce = acqua , volatili = aria , cibi in cottura = fuoco) hanno rivestito i panni dei cinque sensi con il gusto, naturalmente in primo piano.
Ma il cibo ha avuto notevole rilievo anche nell' arte contemporanea che nel rappresentarlo ha spesso denunciato il suo spreco e la sua cattiva distribuzione nel mondo.
Insomma , ogni epoca ha affidato al cibo un nuovo messaggio.

Marco Carminati giornalista del sole 24 ore

sabato 8 gennaio 2011

La Mostarda fina… di Carpi

La Mostarda fina… di Carpi

La ricetta della Mostarda fina è sempre stata un segreto, gelosamente custodito e tramandato di padre in figlio sin dai tempi della famiglia dei Sebellini i quali, secondo la tradizione, ne sarebbero stati i creatori.

Alla corte dei Pio questa specialità era conosciuta e apprezzata già nel Cinquecento: così diversa dalle altre mostarde allora diffuse, era destinata ad arricchire le mense di prelati, facoltosi professionisti e personaggi illustri.

Nei versi della Secchia Rapita di Alessandro Tassoni (1622) la mostarda compare nel novero dei doni che i modenesi offrono al legato pontificio Ottaviano degli Ubaldini quando questi lascia la loro città per fare ritorno a Bologna: Gli donò la città….. e due cupelle / di mostarda di Carpi Isquisitissime. (XII 38). Quella del Tassoni è la più lusinghiera menzione letteraria, tra le poche che conosciamo, di questo nostro antico e pregiato preparato gastronomico.

Ancora, Bartolomeo Stefani, cuoco bolognese attivo presso la corte dei Gonzaga, a Mantova, nell’opera intitolata “ L’arte del Ben cucinare et instruire i men periti in questa lodevole professione“ (1662); nel descrivere le modalità di preparazione e presentazione di molteplici portate a base di pesce di acqua dolce, quali i carpioni del Lago di Garda, fritti e da servire caldi, accosta a questi piatti un intreccio di quattro tondini di mostarda di Carpi, ornata con canella, e zuccaro.

Purtroppo, alla fine del XIX secolo, probabilmente con la scomparsa dell’ultimo speziale che custodiva il segreto della ricetta, terminava anche la produzione della mostarda.

A distanza di oltre un secolo, dopo accurati studi di antiche ricette, tra le quali anche quella della spezieria “All’Insegna del Pomo d’Oro” ritorna finalmente sulla nostra tavola il raffinato gusto rinascimentale della Mostarda Fina di Carpi. adeguatamente rivisitato per compiacere i moderni palati.

Tra i vari e personali utilizzi, si consiglia di gustare la Mostarda Fina, come accompagnamento di bolliti, compreso il classico zampone e cotechino, di formaggi piccanti e ogni altro tipo di salume; come antipasto sarà deliziosa in un delicato abbraccio di pasta sfoglia.

Carlo Rossini

martedì 4 gennaio 2011

Manifesto Slow Food

Slow Food è un progetto culturale che propone una filosofia del piacere e un programma di educazione del gusto, di salvaguardia del patrimonio enogastronomico, di formazione del consumatore. Slow Food aiuta le giovani generazioni a instaurare un rapporto corretto con il cibo; favorisce un turismo attento e rispettoso dell'ambiente; promuove iniziative di solidarietà.

I principi sono contenuti nel "Manifesto ufficiale di Slow Food", sottoscritto da delegati di 20 paesi nel 1989.


Il Manifesto Slow Food




Questo nostro secolo, nato e cresciuto sotto il segno della civiltà industriale, ha prima inventato la macchina e poi ne ha fatto il proprio modello di vita.

La velocità è diventata la nostra catena, tutti siamo in preda allo stesso virus: la Fast Life, che sconvolge le nostre abitudini, ci assale fin nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei Fast Food.

Ma l'uomo sapiens deve recuperare la sua saggezza e liberarsi dalla velocità che puà ridurlo a una specie in via d'estinzione.

Perciò, contro la follia universale della Fast Life, bisogna scegliere la difesa del tranquillo piacere materiale.

Contro coloro, e sono i più, che confondono l'efficienza con la frenesia, proponiamo il vaccino di un'adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento.

Iniziamo proprio a tavola con lo Slow Food, contro l'appiattimento del Fast Food riscopriamo la ricchezza e gli aromi delle cucine locali.

Se la Fast Life in nome della produttività ha modificato la nostra vita e minaccia l'ambiente e il paesaggio, lo Slow Food è oggi la risposta d'avanguardia.

È qui, nello sviluppo del gusto e non nel suo immiserimento, la vera cultura, di qui può; iniziare il progresso, con lo scambio internazionale di storie, conoscenze, progetti. Lo Slow Food assicura un avvenire migliore.



Lo Slow Food è un'idea che ha bisogno di molti sostenitori qualificati, per fare diventare questo moto (lento) un movimento internazionale, di cui la chiocciolina è il simbolo.